Fashion Rafting | Autunno Americano #15

Schermata 2018-04-05 alle 00.07.40

Di tutte le cose a cui ero abituata, quella che mi manca di più è il parrucchiere. Smoothie era l’hairstylist più in di Manhattan, ci andavano tutte, ma proprio tutte, da Madonna a Hillary Clinton. Ci andavo regolarmente anche io una volta alla settimana, avevo il mio posto fisso, una poltrona Frau originale accanto alla vetrata sulla strada, volutamente defilata, dove potevo passare un paio d’ore a scrivere mail senza essere disturbata mentre lui mi sistemava i capelli. Osservavo i look delle donne presenti e di quelle che camminavano sul marciapiede, sapevo riconoscere la provenienza di ogni singolo accessorio, la marca di ogni capo di abbigliamento.

Ma, a parte questo, a parte Smoothie, di quello che facevo prima, di chi ero prima, non ho alcuna nostalgia.

Ti vanno ancora delle uova strapazzate? In questo posto le fanno benissimo. In cucina c’è Andy, portoricano, uscito di galera sei mesi fa. Dice che è stato in cella quattro anni con un francese che, prima di accoltellare il suo pusher, faceva lo chef sulle navi da crociera nel Mar dei Caraibi e che è da lui che ha imparato a cucinare. Le uova sono la sua specialità.

Vuoi sapere che lavoro facevo io? Beh, ragazzo, tu non lo diresti proprio, nessuno lo direbbe, lo so, ma fino a tre mesi fa io dirigevo il più importante giornale di moda degli Stati Uniti. Dici che si forse ti ricordi di avermi visto su qualche rivista? Tesoro, ma io ero su tutte le riviste. Ero sui social, sui giornali, in televisione, nelle librerie, sulla bocca di qualunque persona lavorasse nella moda. Io ero ovunque. Ed ero, sì, ero una gigantesca e mostruosa ossessione. Per me stessa e per gli altri. Ero adulata, amata, disprezzata, invidiata, stimata, rispettata, odiata – ma mai indifferente. A nessuno.

Come sono finita in questo posto, vuoi sapere? Beh, non è stata esattamente una scelta, non all’inizio almeno. Tre mesi fa mi chiamano due famosissimi stilisti italiani, si, esatto, bravo: loro. Mi dicono che hanno pronta una capsule collection che è la fine del mondo, che vogliono assolutamente far fare delle foto a MT, che lui è perfetto, ha gia visto gli abiti, già individuato la modella, già individuato la location, etc etc. Ma il vero tocco di classe, mi dicono ripetendo Tesoro in italiano innumerevoli volte, non posso che darlo io andando a supervisionare il servizio insieme alla loro stylist di fiducia. Io a loro non ero mai riuscita a dire di no, come si fa a dire di no a chi ti mette a disposizione la propria villa a Portofino in qualunque momento dell’anno per un week-end di relax? Chiedici quello che vuoi.

Di lì a un paio di giorni mi ritrovo su un aereo privato diretto in Arizona, perchè MT ha deciso che le foto verranno fatte sulle rive del fiume Colorado in mezzo al Grand Canyon. Wow, mi dico. Sarà un servizio di moda molto wild, mi avevano detto i due stilisti italiani prima di partire. Che sia un servizio molto wild me ne accorgo appena scesa dall’aereo, quando vedo il mio set di valigie LV buttato su una jeep scassata guidata da un capellone sessantenne che mi accoglie con un Veda di muoversi assai poco glamour. E gli altri? Chiedo. La stanno aspettando giù al fiume, mi dice. La notizia dovrebbe rassicurarmi ma invece inizio a provare una strana inqiuetudine e vedere la mia borsa Miu Miu limited edition riempirsi di polvere del deserto ed i miei sandali Manolo Blahnik incastarsi nel retro dello scalcinato sedile dell’autista non mi aiuta.

Arrivati al fiume, Dan l’autista scaraventa il mio set LV giù dalla jeep e mi indica un gruppo di persone tra cui riconosco MT, la supermodella GB, la stylist di fiducia degli stilisti e svariati assistenti, truccatori, parrucchieri. MT mi accoglie con uno dei suoi fantastici sorrisi e mi dice Ci divertiremo un sacco.

Poi mi indica tre giganteschi gommoni da rafting ed inizia a parlare a raffica, mentre io mi chiedo perchè ancora nessuno mi abbia offerto un drink e dato la chiave della suite dove potrò farmi una meritata doccia. Mi viene in mente che forse ho dimenticato a casa il latte per il corpo di Hermès ma non faccio in tempo ad allungare la mano per prendere il mio beauty che sento uno degli assisteni di MT che dice Ok, andiamo. Siccome Dan è sparito insieme alla sua jeep, non ci sono intorno costruzioni di sorta né piste di atterraggio per elicotteri, mi rendo conto con orrore che tutti stanno salendo sui gommoni aiutati da muscolosi ragazzotti in tenuta da combattimento che distribuiscono ad ognuno un casco di protezione. Sono costretta a togliermi i sandali di Manolo e gli occhiali da sole Versace, mi mettono un orrendo giubbotto di salvataggio arancione e con una pacca sulla spalla ed un Forza ragazza mi spingono sull’ultimo dei tre gommoni che sta salpando.

Ti va un caffè? Una fetta di cheese cake? Le prepara Consuelo, la moglie di Andy. Sapessi com’è carina e che gusto, che classe che ha: assomiglia da morire a Frida Kahlo.

Beh, non saprei dirti cosa esattamente è successo nei giorni seguenti, i ricordi sono confusi. L’idea di MT era quella di fotografare GB con addosso i capi della capsule collection limited edition sulle rapide del Colorado. Se le foto fossero stupende o meno non lo sapremo mai perchè la Leica di MT al terzo giorno di lavoro è finita dentro il fiume insieme alla borsa con tutta l’attrezzatura fotografica ed al mio beauty Prada che forse conteneva il latte corpo di Hermès. GB e la stylist hanno iniziato a litigare furiosamente per via di quello che hanno scoperto essere un fidanzato in comune, rendendo impossibile il lavoro al truccatore ed al parrucchiere. Dalla redazione del giornale mi arrivavano mail e messaggi all’inzio divertiti, poi preoccupati, poi allarmati. Quando torni? Non puoi mollarli lì tutti prendere un aereo e tornare a New York? Poi dal quarto giorno non mi è arrivato più niente perchè ci siamo ritrovati in quella che era una gigantesca riserva indiana senza alcuna copertura di rete. I ragazzotti muscolosi in tenuta da combattimento ci guardavano come se fossimo dei pesci dentro un gigantesco acquario. O degli alieni in vacanza sul pianeta Terra. La sera ci preparavano da mangiare, ci indicavano la zona migliore per stendere i sacchi a pelo, distribuivano i rotoli di carta igienica e ci auguravano la buona notte.

Hai mai dormito nel deserto? Tesoro, devi farlo, almeno una volta. E’ una esperienza che può cambiarti la vita. Come lo ha fatto con me. La quinta notte, mentre tutti dormivano, mi sono alzata ed ho iniziato a camminare lungo la sponda del fiume arrivando fino ad un punto dove formava una gigantesca ansa e le sue acque sembravano trovare finalmente un po’ di pace. La luna era enorme e luminosa, le pareti del Grand Canyon imponenti. C’era attorno a me un silenzio che non avevo mai conosciuto. Non era quello del mio appartamento che i doppi vetri proteggono dal fragore del traffico di New York. Non era nemmeno quello della spiaggia davanti alla mia casa nel Connecticut. Era un silenzio diverso. Veniva da molto lontano e portava con sé delle storie. Migliaia di voci popolavano quel silenzio. Mi sono sentita parte di una energia più grande e primordiale, elemento tra gli elementi, come se improvvisamente avessi visto davvero qual’era il mio posto nel mondo. E non ne ho avuto più paura.

Io, che facevo la giornalista e dirigevo con una autorevolezza che tutti mi invidiavano una delle riviste più importanti del mondo, avevo da tempo perso la capacità di raccontare delle storie. Era tempo di ricominciare.

Il giorno dopo sono andata da MT e gli ho detto di stare tranquillo Fai degli scatti anche col tuo cellulare, il giornale te li pubblicherà lo stesso. A GB ed alla stylist ho ricordato che molto probabilmente il loro fidanzato comune in questo momento se la stava spassando con qualche modella a Los Angeles e che quindi era il caso che la smettessero di litigare e consentissero a MT, truccatore e parrucchiere di concludere il loro lavoro. Ai giovani assistenti ho regalato il mio guardaroba ed il set di valigie LV. Poi sono andata da quello dei ragazzotti muscolosi che mi sembrava il più sveglio e gli ho chiesto se conosceva qualcuno che potesse venirmi a prendere. Dove vuoi andare?

Ho pensato al mio mega ufficio a Manhattan con vista mozzafiato sul Brooklyn Bridge, ho pensato alla mia assistente Francesca e a Carrie, la mia segretaria. Ho pensato ai telefoni che non smettono mai di squillare, alle mail a cui non si finisce mai di rispondere. Ho pensato che avevo perso la capacità di raccontare delle storie, forse perchè stava diventando per me sempre più difficile, nel mondo che frequentavo, trovarne di autentiche. Forse perchè non ero più abituata al silenzio.

Ho guardato sorridendo il ragazzotto e gli ho detto Ovunque ci sia un letto su cui dormire, un tavolo su cui potere scrivere e la possibilità di guadagnarmi da vivere.

E lui mi ha portato qui, in questo ranch dove ora vivo e lavoro e dove vengono a mangiare i turisti di tutto il mondo come te che visitano il Parco del Grand Canyon.

Turisti a cui io posso servire le uova di Andy, la cheese cake di Consuelo ed una delle storie che mi ha portato in dono la notte.

Ti va dell’altro caffè?

Testo e foto (Zabriskie Point, California, 2017) ©Maria Cristina Codecasa Conti

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: