Italian Lakes | Autunno Americano #022

Lago Maggiore

Non ho ancora ben capito come ci si debba regolare col proprio passato. Alcuni dicono che bisogna lasciarselo alle spalle, altri ne rimangono tutta la vita in ostaggio. Poi c’è la questione della memoria. Vorremmo forse che fosse selettiva e ci conservasse solo i ricordi delle cose belle? Oppure è giusto che riemergano ogni tanto, a volte inaspettatamente, anche i ricordi più dolorosi, giusto per rammentarci quanta strada abbiamo percorso da allora?

Oggi sono stata in un luogo che mi ha riportato molto indietro negli anni. Non erano begli anni. C’era davvero tanto, troppo dolore. Ho rivisto un cancello, ormai arrugginito, e un lungo viale in fondo al quale si trova una casa, un tempo molto bella. Una villa signorile. Uno di quei posti in cui l’unica cosa sensata da fare sarebbe quella di essere felici. E invece.

Mi sono chiesta che posto tenga, ora, tutto questo nel mio cuore. Dove l’ho messo. Che uso ne ho fatto. Come l’ho trasformato. Sono stata sufficientemente brava come alchimista? Non ho mai pensato “Tornassi indietro”, nemmeno oggi, nemmeno rivedendo quel cancello. È giusto che io abbia camminato per anni lungo quel viale, con la morte nel cuore. È giusto, ho pensato. Quei passi lungo il viale sono stati le fondamenta della mia rinascita, quando, molti anni più tardi, ho deciso di raccontare una nuova storia: la mia.

Del mio passato non voglio cancellare niente, così come non voglio eliminare le rughe dalla mia faccia. Oggi a quel passato riesco ad andare incontro, così come riesco a guardare quel cancello e la sua ruggine, rimasti lì a ricordarmi una cosa importante: ce l’hai fatta, sei sopravvissuta. C’è una vista splendida da questo posto. Ci sono un sacco di stranieri che vengono qui in villeggiatura. Dicono che ci siano molti russi che comprano casa qui. Case come quella in fondo al viale, dietro al cancello arrugginito. Dicono che quando gli stranieri acquistano queste case poi tagliano tutti gli alberi dei parchi e dei giardini, per potere godere di questo panorama da cartolina dalle loro finestre.

Questa cosa mi ha messo tristezza. Io amo gli alberi. Nel giardino della casa in fondo al viale c’erano degli alberi bellissimi. Da piccola mi arrampicavo su quegli alberi, più in alto possibile e restavo così, sospesa. A lungo. Non dovrebbero permettere di tagliare tutti questi alberi per vedere una bella cartolina dalla propria finestra. No, non dovrebbero proprio. Gli alberi sono importantissimi. Io, in quel posto, arrampicata su un albero, ho potuto vedere l’orizzonte dietro il cancello arrugginito e immaginarmi una storia diversa.

Non so se e quando tornerò qui, in questo posto. Bellissimo, da cartolina. Non so se e quando ripasserò da questa strada e rivedrò il cancello arrugginito ed il viale che porta al giardino e la casa, di cui ancora ricordo la luce e gli odori. Ma ha forse importanza? Non occorre che ci ritorni, tutto questo è ancora dentro di me, da qualche parte, nascosto. Ma non fa più male. Non più. Come ha scritto Wangari Maathai, Premio Nobel per la Pace, “Mi hanno sepolto, ma quello che loro non sanno è che sono un seme”.

È proprio così.

Gli alberi che gli stranieri stanno tagliando qui ricresceranno.

Più forti.

Testo e foto (c) Maria Cristina Codecasa Conti

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