L’altro giorno, considerando il caldo africano a Settembre, e osservando il look baby sbarazzino di una presentatrice vicina ai sessanta, ho azzardato un parallelismo: come non esistono più le stagioni di una volta, non esistono più nemmeno le signore di una volta. C’era un tempo clemente in cui l’estate che stava finendo annunciava con dolcezza l’arrivo dell’autunno con i suoi quieti colori e le sue fresche temperature. E c’era un tempo in cui una signora over anta (per usare un eufemismo) si metteva tranquilla ad assaporare i saporosi frutti della saggezza e della discrezione chic. Invece oggigiorno assistiamo al trionfo di femmine attempate sempre più ridicole in mini abiti scampanati da collegiale; agitate croniche che sfidando la precarietà dei rifacimenti facciali continuando a bardarsi e truccarsi come se avessero venti, trenta primavere in meno. E che si ficcano in un tunnel di insicurezza perenne targato “ansia di prestazione giovanilista”. Inquietanti aliene senza età, con mimiche imbalsamate, guance turgide su colli flaccidi, tette aereodinamiche innestate su braccia cascanti, lunghe chiome rosso fuoco alla Jessica Rabbit al posto di eleganti caschetti castano o biondo cenere. E poi ancora: abiti troppo scollati, caviglie e braccia tatuate e piedi massacrati da scarpe sadomaso (sandali alla schiava in pieno inverno), leggins super aderenti abbinati a giacchette che non coprono un accidente. Verrebbe voglia di sgridarle con amore, proprio come farebbe una mamma con una ragazzina confusa. Ma forse sarebbe ancor meglio rivalutare certi concetti di decoro e dignità, senza paura di passare per bacchettone &moraliste o femministe acide andate alla malora. E avere il coraggio di proclamare alcune evidenti realtà. Le donne che portano meglio gli anni (mi vengono in mente due nomi italiani: Margherita Buy e Laura Morante) hanno evitato come la peste di cambiare (vedi alla voce: peggiorare) i connotati con protesi e impianti, con lifting oltranzisti e botox assassini. Che l’armonia traspare da una donna risolta, felice della sua carriera e dei suoi successi personali, ergo dei suoi progetti e dei suoi affetti. Che la felicità che non si inietta con punture magiche né si protrae vestendosi da bamboline o da maliarde. Che portare strepitosamente la propria età significa essere una persona strepitosa proprio di quella strepitosa età lì. Se avete qualche dubbio andatevi a rivedere certi strepitosi film con Maryl Strepp (mi viene in mente Dove eravamo rimasti di Jonathan Demme) e Julianne Moore (mi viene in mente Still Alice di Richard Glatzer) , dove due strepitose attrici non hanno paura di interpretare una cantante rock sul viale del tramonto e una studiosa che si scopre malata di Alzheimer. Tutte e due piangono, sorridono, soffrono e gioiscono con la loro meravigliosa faccia nature, immune dallo sfregio della chirurgia plastica, irradiando l’energia delle persone consapevoli, orgogliose persino dei fallimenti e dei drammi esistenziali. Questo, per chi lo avesse dimenticato, si chiama fascino.
©Alessandra Appiano
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Le Troisième Songe RINGRAZIA Alessandra Appiano per il suo contributo.
Col cuore.
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