
E’ proprio vero che non si può mai dormire sonni tranquilli: archiviato il grigio inverno e le botte di spleen combattute a suon di cioccolatini ingrassanti, ci rendiamo conto che è ora di pensare al guardaroba estivo, con il suo coté di gonnelline frou frou e di insidiosi bikini, senza dimenticare le creme che preparano all’abbronzatura, nascondo la cellulite e promettono miracoli (di cui abbiamo più bisogno che mai, di questi tempi). Insomma è ora di dedicarsi allo shopping mirato cercando di dribblare i complessi di inferiorità (e pure di colpa, visti i budget risicati) dietro l’angolo.
Ma come riuscirci, quando i negozi pullulano di commesse che sembrano presidiare lì per dirci che siamo troppo stagionate, rotonde o rinsecchite? Come arginare l’esercito di commesse saccenti e mortificanti, arroganti e supercritiche, in parole semplici, stronze? Secondo la mia amica Maria Grazia Parisi, bravissimo medico psicoterapeuta e autrice dell’indispensabile (per ogni donna ansiogena, ergo per tutte noi) Fastreset, il metodo rapido di guarigione emotiva (Sperling Kupfer), come prima regola bisogna evitare le catalogazioni: <<il problema è che se noi vediamo loro come stronze, gli lasciamo automaticamente in mano la possibilità di farci sentire inadeguate e sbagliate… Mentre dobbiamo ricordare che ogni atteggiamento esagerato e “dimostrativo” è sempre una dichiarazione di insicurezza. Chi ha bisogno di dimostrare di valere, e magari per questo tende a sottovalutarci o schiacciarci, di solito ha paura di non essere o valere abbastanza. Banale, ma verificabile…>>.
Però è anche verificabile che certi incontri con le venditrici dei negozi modaioli del centro si trasformino spesso in scontri mascherati, dove si ricava la frustrante sensazione di perdere sempre (in denaro e in autostima). <> continua imperterrita Maria Grazia. Qualche esempio? << Lo Stile zen : “qualsiasi cosa mi dirà, non esprime chi sono io, ma il mondo come lo vede lei…”. O lo Stile compassionevole: “poveretta, chissà quali problemi deve avere, per essere così acida col mondo!”. O ancora lo Stile qui comando io: “lei è la commessa, io la cliente. Siccome pago, ho sempre ragione, anche quando ho torto…>>.
A cui potremmo aggiungere, assetate di una rivincita disonorevole ma liberatoria lo Stile pan-per-focaccia: “se non mi tratta come si deve, vado immediatamente dal titolare a lamentarmi…”. O peggio ancora, lo Stile bastarda dentro: “se il suo parere fosse così importante, probabilmente non farebbe ancora la commessa…”. Considerazione discutibile, oltreché politicamente scorretta, in un panorama di disoccupazione giovanile che prevede commesse (ma anche taxiste, pizzaiole e bariste) laureate cum laude. Comunque, che ci piaccia o il no, il benessere, per essere totale, deve sempre viaggiare in compagnia di una sana e vigorosa autostima. Invece per aiutare il consumismo acciaccato da tempi di recessione, servono commesse educate (ma anche bugiarde quel tanto che basta), abolizioni di luci al neon e di abiti immettibili, progettati da stilisti sadici.
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Le Troisième Songe RINGRAZIA Alessandra Appiano per il suo contributo.
Col cuore.
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